Biondi Santi
Sul finire del XX Secolo, Wine Spectator decise di stilare la lista dei dodici vini da ricordare di tutto il Novecento, solo una fu l’etichetta italiana prescelta: la Riserva 1955 del Brunello di Montalcino Biondi Santi, ovvero l’annata straordinaria di un vino che, a buon diritto, rientra nella mitologia enologica italiana e non solo.
Già questo basterebbe a sintetizzare l’unicità della famiglia Biondi Santi e della sua Tenuta Greppo, inscindibilmente legata alla storia della denominazione del Brunello.
Tutto inizia a metà dell’Ottocento, quando Clemente Santi – un po’ pioniere, un po’ alchimista – sperimenta nuove tecniche enologiche e ottiene i primi riconoscimenti per il suo “vino rosso scelto”, tanto da arrivare a essere premiato all’Esposizione Universale di Parigi del 1867. Da allora in poi è un susseguirsi di talentuose e ispirate figure che, generazione dopo generazione, hanno lavorato per rendere il Brunello l’espressione perfetta del territorio di Montalcino.
Ferruccio Biondi Santi – nipote di Clemente – è il vero e proprio inventore del Brunello, colui che per primo seleziona e vinifica in purezza un clone di Sangiovese a Montalcino; al figlio Tancredi, invece, riconosciamo l’intuizione della pratica della ricolmatura delle vecchie riserve con vino della stessa annata (nel 1927 la prima volta, per le Riserve 1888 e 1891). Tocca poi ad un’altra figura leggendaria, Franco Biondi Santi, scomparso nel 2013 e considerato il custode della tradizione del Brunello, l’onere e l’onore di prendere le redini dell’azienda e di portarne la produzione da 4 a 25 ettari.