Federico Graziani

Poche persone in Italia possono dire di conoscere così approfonditamente e da angolazioni tanto diverse il mondo del vino come Federico Graziani che, prima di diventare vignaiolo di gran classe, è stato sommelier, consulente e tanto altro.

Un debutto quasi da enfant prodige quello di Federico, che si iscrive al suo primo corso da sommelier a soli quindici anni (1990) e otto anni dopo vince il concorso dell’AIS come “Miglior sommelier d’Italia”. Questo riconoscimento lo porta a lavorare, da subito, con i più importanti chef del paese, a fornire consulenze a importanti cantine e a scrivere diversi libri. Parallelamente, continua a studiare e nel 2006 consegue la Laurea in Viticoltura ed Enologia. In un percorso interamente guidato dalla passione per il vino, il punto d’arrivo naturale per lui non può essere altro che l’esperienza diretta come vignaiolo, nel quale far confluire quanto appreso nel corso degli anni e la propria personale visione della vigna e della cantina.
E così, innamorato da tempo della zona selvaggia delle pendici dell’Etna – che vanta una delle tradizioni vitivinicole più antiche d’Europa, con vitigni ricchi di storia come il Nerello Mascalese, il Nerello Cappuccio o il Carricante e la Minnella – Graziani decide di produrre qui il suo vino, più precisamente a Passopisciaro, nella Contrada Feudo di Mezzo.

Gli appezzamenti si trovano tra i 600 e i 1200 metri sul livello del mare sui versanti nord e nord-ovest, in un ecosistema straordinario per una variabilità climatica e per i contrasti paesaggistici che lo contraddistinguono.
In vigna Federico Graziani segue il modello tradizionale del territorio etneo dell’allevamento ad alberello perché garantisce più spazio per le radici, migliore irraggiamento e ventilazione e favorisce la lavorazione e la raccolta manuali. In totale armonia con la natura, sono banditi pesticidi e trattamenti sistemici e si utilizzano solo rame e zolfo. Fondamentale l’apporto di Salvo Foti e Maurizio Pagano, che gestiscono le vigne e che portano nella contemporaneità la storica tradizione della Maestranza dei Vigneri, la prima associazione di viticoltori dell’Etna.

L’approccio non invasivo in vigna si ritrova anche in cantina, dove per la fermentazione si ricorre solo a lieviti indigeni e per l’invecchiamento a piccoli botti di legno mai nuove.