Giuseppe Quintarelli
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Si dice sempre che il vino di qualità è espressione profonda del territorio che lo ha generato e della mano di chi quel territorio lo ha coltivato. In alcuni casi questa affermazione risulta ancora più vera e rimanda a storie di artigiani speciali che hanno saputo interpretare la terra e le sue vigne in maniera differente, intuendo potenzialità e sfumature mai colte prima.
È quello che è accaduto a Giuseppe Quintarelli, il principe dell’Amarone, colui che ha portato questo vino della Valpollicella – di giovane età per quanto riguarda la denominazione (è DOCG solo dal 2010) ma già ricco di storia – alla fama internazionale.
Umile e riservato, “Bepi” – come lo chiamavano gli amici – ha trasformato l’azienda agricola fondata a Negrar dal padre Silvio agli inizi del Novecento in una grande cantina, punto di riferimento per tutto il territorio della Valpollicella.
Scomparso nel 2012, Quintarelli è stato un artigiano sensibile e geniale, dallo spirito tradizionalista in vigna e in cantina, capace di aprirsi, però, all’innovazione senza pregiudizi. Per esempio, è stato il precursore dell’introduzione in Valpolicella di vitigni come il Nebbiolo e il Cabernet Franc.
Attualmente, la cantina, restaurata dopo la scomparsa di Bepi, è guidata dalla figlia Fiorenza con il marito e i figli, i quali continuano a lavorare nel solco dell’impronta di Giuseppe, con la responsabilità di tenere alto il nome di una figura ormai leggendaria che – nelle parole di Luigi Veronelli – ha creato vini “dinanzi ai quali veniva spontaneo inginocchiarsi e memorare i poeti”.