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The winefully Magazine

Arrosti&co, non solo rossi di struttura

Cotture lente, sapori decisi, texture succulente. Con le carni arrosto solitamente ci si aspetta di bere “in rosso”, scegliendo vini strutturati e con qualche anno alle spalle e magari approfittando dell’occasione per aprire qualche bottiglia veramente importante (o viceversa, accompagnando con una preparazione all’altezza l’etichetta prescelta).

Non è, però, sempre e per forza così. A seconda della tipologia di carne e del metodo di cottura, anche dei bianchi ben strutturati o dei rossi più leggeri possono accompagnare alla perfezione i piatti a base di carne.

Partiamo dalle carni bianche ad esempio, e dal protagonista per eccellenza dei pranzi casalinghi non troppo impegnativi, con la famiglia riunita attorno al tavolo: il pollo al forno con le patate. Una preparazione che sembra facile e scontata ma non lo è per nulla, visto che ci vogliono occhio ed esperienza per avere la cottura perfetta, che lascia l’interno umido ma ben cotto, la pelle croccante che rilascia il suo grasso, le patate appena brunite. In questo caso, si può scegliere un vino bianco come la Falanghina Irpinia Doc Via del Campo di Quintodecimo: fruttato e avvolgente, più ricco rispetto allo standard di questa tipologia di vini anche grazie a un breve passaggio in piccole botti di rovere, ha una componente minerale spiccata e profumi di erbe aromatiche. Se invece volete osare un abbinamento insolito ma davvero interessante, potrebbe valere la pena stappare la Ribolla 2011 di Gravner: macerato a lungo sulle bucce, fermentato in anfora e maturato in botte grande, è un vino ambrato estremamente ampio e ricco, con intriganti spunti aromatici e balsamici. Struttura e tannini dati dalla macerazione, insieme alle insolite note quasi ferrose e officinali, lo rendono unico a ogni sorso.

Altro grande classico, buonissimo in tutte le stagioni e in tutte le occasioni, è il roastbeef.
Ben rosato al centro, servito per lo più freddo e poco condito – ma magari accompagnato da patate, insalata o altri contorni – potrà sposarsi tanto con un bianco dalle note appena più morbide (ma non stucchevoli) ma con una buona acidità, quanto con un rosso dalla grande beva. Per esempio, nel primo caso, con il Gewürztraminer Konrad Oberhofer Vigna Pirchschrait di Hofstatter, frutto di una maturazione di 10 anni sui lieviti fini che unisce intensità e freschezza, con spiccati profumi di miele, frutta secca e vaniglia, a una struttura importante sorretta da una buona acidità. Oppure, il Gattinara base di Nervi-Conterno, asciutto e leggermente tannico con un bel finale lievemente ammandorlato e note di frutti rossi, sottobosco ed erbe officinali: un Nebbiolo di razza e un’etichetta storica che, nella sua semplicità, garantisce sempre grandi bevute.

Salendo di struttura e intensità dei piatti, passiamo anche a vini più “impegnativi”. Tra le ricette a base di carne non può mancare il brasato di manzo che, nella classica versione piemontese, viene tradizionalmente preparato con il vino rosso e in particolare con il Barolo. Inutile dire, dunque, che questo grande vino è anche l’abbinamento per eccellenza per un piatto così poderoso. Se volete bere alla grande ma restando con i piedi per terra, il suggerimento potrebbe andare sul Barolo Riserva Vigna Rionda di Oddero: una grande etichetta, da uno dei vigneti più rinomati delle Langhe. Per un’occasione speciale si potrà altrimenti chiamare in causa il “signor Voerzio” – altro nome mitologico dell’enologia langarola – con il suo Barolo Riserva 10 anni: perfettamente pronto da stappare, è un grande vino da meditazione ma è altresì perfetto per accompagnare un piatto come il brasato.

Passiamo alle carni ovine, con i dovuti distinguo. Ad esempio, il sapore intenso e la grassezza marcata dell’agnello (pur se dal buon profilo nutrizionale, se parliamo di animali allevati in condizioni ottimali) richiedono maggior struttura nel bicchiere, facendo propendere per qualcosa di altrettanto “rustico” e corposo – per esempio, guardando all’abbinamento territoriale, un Montepulciano d’Abruzzo; se però non si vuole rinunciare all’eleganza, la scelta si può orientare su un taglio bordolese capace di unire struttura e finezza, riuscendo a “reggere” piatti robusti come quelli a base di agnello, al forno o in umido. E cosa potrebbe esserci di meglio, a tal proposito, di una bottiglia di Sassicaia della Tenuta San Guido?

Il capretto invece, più magro e tenero, si sposa meglio a qualcosa di appena più esile ma non meno soddisfacente. Per esempio, il Chianti Classico San Lorenzo di Castello di Ama, Gran Selezione DOCG ottenuto dalle uve dei vigneti dell’omonima vallata, con un’età media di almeno 25 anni. Frutto dell’assemblaggio delle diverse varietà (sangiovese, merlot e malvasia nera) dopo la malolattica e di una successiva maturazione in barrique di rovere, è un vino morbido e fresco, potente ma molto armonico, perfetto per accompagnare questa tipologia di carni.

Le cose cambiano, però, se si sceglie la cottura alla brace.
La regola generale sconsiglia infatti di accompagnare le preparazioni di questo tipo con vini barricati, i cui sentori finirebbero per amplificare in maniera eccessiva le sensazioni di legno e di tostato. In questo caso, dunque, meglio preferire vini di struttura ma che facciano solo acciaio o botte grande: la scelta può andare da molte etichette di Barolo di scuola “tradizionalista” – che rifiuta categoricamente l’uso di barrique, appunto – fino a quella inaspettata, ma molto valida per gli amanti del genere, dell’Amarone della Valpolicella Classico DOC Riserva di De Buris. Dalla bevibilità atipica per questa tipologia di vino, ha un carattere unico in cui le note dolci dell’appassimento lasciano spazio a inedite sfumature sapide e minerali e all’equilibrio notevole tra la potenza dei tannini, la polposità del frutto e la freschezza complessiva.

Chiudiamo con una preparazione che non appartiene alla tradizione italiana ma che negli ultimi anni, con il diffondersi della passione per il grilling, riscuote molto successo anche da noi: il brisket, la punta di petto di manzo cotta lentamente protagonista del classico BBQ texano. Ben speziato, morbidissimo e succulento – tanto da non richiedere quasi masticazione – e lievemente affumicato, cerca struttura e potenza nel bicchiere senza rinunciare all’eleganza. Andate sul classico con un bel Brunello di Montalcino come quello di Castiglion del Bosco, con i suoi tannini vellutati e le note di sottobosco.

Se invece volete spiazzare i vostri ospiti e regalare a loro e a voi una bevuta indimenticabile, vi proponiamo un abbinamento quasi eretico, un po’ da “la bella e la bestia” ma che non potrà che conquistare tutti: quello con il leggendario Château Haut-Brion, grande vino di Bordeaux Premier Grand Cru Classé, uvaggio di cabernet sauvignon, merlot e cabernet franc che conquista per la sua eleganza e le sue note di tabacco, liquirizia e spezie.

Luciana Squadrilli è giornalista professionista specializzata nell’enogastronomia, collabora con guide e testate italiane e straniere raccontando il lato più buono dell’Italia (e non solo). Editor di Food&Wine Italia e food editor di Lonely Planet Magazine Italia, si occupa con particolare attenzione di pizza e olio, adora lo Champagne ed è autrice di diversi titoli tra cui La Buona Pizza (Giunti) e Pizza e Bolle (Edizioni Estemporanee).