L’enologa della tenuta maremmana dei Marchesi Antinori ci porta alla scoperta di questa splendida realtà parlando di identità, di terroir, di architettura e sostenibilità, temi perfettamente integrati all’interno di una delle più importanti aziende vinicole italiane.
Prima di tutto, ci vuole raccontare un po’ di sé, di come si è avvicinata al mondo del vino e del suo affascinante percorso professionale?
Per quanto affascinante può sembrare oggi il mio percorso, confesso che il mio avvicinamento è stato quasi casuale. Studiavo agronomia ad Atene, la mia città di origine, quando mi ha colpito la magia, come la chiamo, della viticoltura; il fatto che da una materia semplice com’è l’uva possa uscire un prodotto talmente complesso ed elegante come può essere il vino. Il ruolo dell’uomo nel centro di questa trasformazione mi ha intrigato cosi tanto da decidere di voler assolutamente fare questo lavoro. Quindi sono partita dalla Grecia per perseguire questa passione in giro per il mondo. Dopo il mio Master in Francia ho lavorato in varie regioni vitivinicole come Bordeaux, Napa Valley, Yarra Valley, Malborough per poi arrivare in Toscana esattamente sette anni fa.
Le Mortelle, come le altre splendide tenute dei Marchesi Antinori, presenta un contesto ambientale unico che, oltre ad essere di una bellezza speciale, è anche estremamente peculiare per quanto riguarda la composizione del terreno e l’esposizione delle vigne. Ce lo può descrivere e spiegare la personalità conferita ai vini della tenuta?
La tenuta, circondata da piccole colline che creano una sorta di anfiteatro, si trova nel sud della Toscana, in Maremma, a una distanza di circa 7 km dal mare. È proprio questa vicinanza al mare, insieme alle caratteristiche pedologiche, a rendere Le Mortelle un posto unico. I nostri terreni, di origine alluvionale/marina, sono ricchi di scheletro con percentuali elevate di sabbia e una piccola percentuale di argilla. La ricchezza di scheletro in superficie tende a mantenere il calore e, insieme alla sabbia, permette un buon drenaggio, limitando eventuali stress idrici estivi. Allo stesso tempo, le vigne hanno un’esposizione Est-Ovest così da sfruttare al meglio il Maestrale pomeridiano che mitiga le temperature. Queste condizioni favoriscono una maturazione lenta e ottimale, soprattutto per le nostre varietà tardive come il Cabernet Sauvignon e il Carménère, dando vita a vini di grande eleganza aromatica e raffinatezza tannica.
Come Winefully abbiamo imparato a conoscere Le Mortelle per mezzo del Poggio alle Nane e dell’Ampio, due rossi complessi e strutturati che sono ambasciatori della Tenuta: come ce li può descrivere e che similitudini (e differenze) troviamo nei due?
A entrambi i vini sono dedicate le migliori parcelle della tenuta e le cure più attente durante tutte le fasi della loro produzione, cominciando dalle operazioni nel vigneto.
Poggio alle Nane è un vino concepito su un’espressione molto elegante del Cabernet Franc della tenuta. La complessità aromatica ottenuta dalle nostre migliori uve di questa varietà, con note di pepe bianco, di mirtillo e di menta, unita alla fitta trama tannica conferita dal Cabernet Sauvignon e il carattere speziato e vellutato del Carménère, creano un vino complesso con un grande potenziale di invecchiamento. Un vino che può offrire soddisfazioni immediate ma che rivela ancora di più il suo carattere a chi ha la pazienza di aspettare.
Ampio invece è un’espressione del tutto particolare di Carménère. Una varietà della stessa famiglia del Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon con cui condivide molte similitudini, soprattutto a livello aromatico, con sfumature di ribes nero e di liquirizia, spesso predominanti. Il Carménère, vitigno di origine bordolese e faro dei vini cileni, viene spesso considerata una varietà meno elegante che però, come mi piace dire, ha trovato nel nostro territorio la sua grazia. L’uvaggio di Ampio, frutto di una conoscenza profonda dei nostri vigneti, ha un’identità più pronunciata e fortemente caratterizzata dalla varietà. Con un lungo affinamento in rovere francese 100% nuovo, ha un bouquet complesso di grande finezza, tannini setosi e una persistenza degustativa straordinaria.
Antinori ci ha abituato a confrontarci con vini straordinari che rappresentano oggi l’enologia italiana nel mondo e che si sono spesso spinti ben oltre le denominazioni locali: è il caso di Poggio alle Nane e di Ampio delle Mortelle. Da produttori come vengono visti i disciplinari odierni?
Storicamente in Italia, come anche in altri paesi tradizionali del vino, i disciplinari hanno spesso contribuito alla notorietà dei vini nel mondo e al miglioramento della qualità all’interno delle regioni viticole. Oggi giorno però, la forte competizione dei vini del Nuovo Mondo spinge ancora di più al superamento delle frontiere enologiche e il caso dei Supertuscans è più che mai attuale. In più, Le Mortelle fa parte di una zona vitivinicola molto giovane e allo stesso tempo molto variegata, di 8.700 ettari vitati. La Maremma ha indubbiamente un grande potenziale enologico ma deve ancora concretizzare la sua identità. Noi come azienda rispettiamo il nostro territorio creando vini rappresentativi e identitari di altissimo livello. Questo è il nostro contributo a tale obiettivo. Avere la flessibilità per farlo è altrettanto importante.
Le Mortelle, oltre ad essere una delle più belle realtà italiane dal punto di vista estetico ed architettonico, è anche all’avanguardia nelle pratiche di cantina: struttura interrata, processo produttivo per gravità, sfruttamento massimo delle condizioni ambientali sono solo alcuni degli aspetti più interessanti. Come si riflette tale complessità nei vini della tenuta?
La cura delle uve e la qualità di ciascun acino è un valore fondamentale per la produzione dei vini come Poggio alle Nane e Ampio. Al tempo stesso abbiamo la fortuna di essere in una zona vitivinicola dove la maturazione delle uve raggiunge un tale livello da renderli estremamente delicati. Tutte le operazioni in cantina hanno quindi come obiettivo quello di ottimizzare al massimo la precisione e diminuire al minimo le condizioni di stress per la materia prima. La vinificazione per gravità, i serbatoi troncoconici, le estrazioni con follatori pneumatici, la barricaia interrata sono solo alcuni degli strumenti che garantiscono una lavorazione delle uve meno traumatica, preservando i profumi varietali e facilitando l’estrazione di tannini setosi. Solo cosi riusciamo a esprimere al meglio il carattere del nostro territorio.
Oggi si parla sempre di sostenibilità nella filiera del vino e sappiamo che tale filosofia è fondamentale nel business model di Antinori: come viene interpretata la sostenibilità a Le Mortelle e cosa restituisce la cantina all’ambiente circostante?
Il progetto di costruzione della cantina de Le Mortelle è stato concepito fin dall’inizio come un progetto eco-sostenibile con sistemi innovativi come quello della fitodepurazione delle acque reflue, ma anche con semplici meccanismi che sfruttano la gravità, la luce naturale e la termoregolazione della roccia. Così Le Mortelle pone il rispetto per l’ambiente e il risparmio energetico al centro della sua attenzione. Il principio della sostenibilità si riflette quindi su ogni passaggio, cominciando dal vigneto e in tutte le fasi della produzione. Ad esempio, negli ultimi 10 anni abbiamo investito nella difesa integrata contro gli insetti, con l’uso si feromoni e lanci di insetti predatori, in modo tale da arrivare all’abbandono di insetticidi senza compromettere la qualità dei nostri vini. La sostenibilità è per Le Mortelle un approccio sano e rispettoso dell’ambiente, nella migliore tradizione agricola, unito alla ricerca e alla tecnologia.
Antinori è una delle realtà principali nel contesto italiano del vino, sia per la lunga storia che ha alle spalle, sia per il patrimonio enologico rappresentato dalle sue tenute. Cosa significa fare parte di una realtà di questo tipo, dove c’è una forte e coerente visione imprenditoriale d’insieme ma allo stesso tempo ogni tenuta ha una chiara e indiscutibile identità? Come si coniuga la singolarità di un progetto con la cornice d’insieme?
Immagino sia possibile perché l’obiettivo è comune e al centro del modello aziendale; produrre vino di qualità. Per quanto sembri banale è un obiettivo che talvolta viene trascurato dalle aziende. Il vino non può essere visto come un prodotto alimentare qualsiasi, è un prodotto agricolo, dipendente dalla Natura e da lei fortemente influenzato. Proprio per questo il vino di qualità non può essere standardizzato e l’uomo diventa il fattore chiave. La famiglia Antinori e Renzo Cotarella, CEO e capo enologo dell’azienda, sono nati nel mondo del vino e questo principio lo conoscono benissimo. Per questo hanno ritenuto fondamentale che ogni tenuta avesse la sua identità e la sua autonomia, ciascuna con la sua propria squadra.
Nel chiudere l’intervista ci piacerebbe, per quanto possibile, guardare al futuro: Georgia cosa aspettarci (o augurarci di aspettare) dal prossimo futuro di Le Mortelle?
Penso che il prossimo futuro de Le Mortelle sarà ancora più “green”. La famiglia Antinori è da sempre convinta che il rispetto per l’ambiente debba essere al centro delle attenzioni e sforzi. Per Le Mortelle la sfida è ancora più importante perché siamo in una zona di grande bellezza naturalistica, dove gran parte della Maremma costiera è considerata Riserva Naturale.
Quindi, nei prossimi anni vorremmo ulteriormente diminuire il nostro consumo energetico, aumentando l’uso di energie rinnovabili. Vorremmo sensibilizzare tutti i nostri dipendenti verso questa direzione, perché solo cambiando la nostra mentalità possiamo migliorare veramente le cose. Di una cosa sono certa, che il rispetto per l’ambiente e la sua biodiversità sia importante sia per motivi etici che per motivi tecnici; più lavoriamo in armonia con il nostro territorio, più saremo in grado di produrre dei vini di grande espressione.
Georgia Dimitriou Enologa de Le Mortelle