The winefully Magazine
Bottiglie preziose: come conservarle a regola d’arte
È tra i temi più “caldi” del vino, anche se il caldo fa male al vino! Giochi di parole a parte, quello della conservazione è davvero uno degli argomenti più dibattuti da chi si avvicina a questo mondo affascinante.
Quanto dura un vino, ma soprattutto come conservarlo sono domande classiche, dalle risposte non del tutto scontate. Già chiedersi quanto duri un vino è di per sé sbagliato, non tanto per la curiosità legittima, quanto perché la domanda è mal posta. Ogni vino ha caratteristiche differenti, che gli conferiscono una potenzialità di affinamento in bottiglia completamente diversa. Non a caso l’AIS (Associazione Italiana Sommelier) usa termini che si ispirano a quelli dell’età dell’essere umano per definire lo stato evolutivo di un vino: immaturo, giovane, pronto, maturo e vecchio. Per tornare alla nostra domanda iniziale, dovrebbe essere posta chiedendosi quale sia l’evoluzione di un vino specifico, con tanto di denominazione e nome della cantina. Esistono fattori, infatti, che incidono enormemente sulla sua potenzialità, a partire dal vitigno, dalla vendemmia, dall’annata, e dal tipo di maturazione in cantina (acciaio, anfora, legno). Non dimentichiamo, quindi, che il vino è un alimento “vivo”, che cambia nel tempo con una curva di evoluzione massima, che non dovrebbe mai arrivare alla vecchiaia.
È un meraviglioso gioco quello acquistare svariate bottiglie della stessa annata importante e di goderne l’evoluzione aprendole anno dopo anno. Si può osservare come cambia il colore, come i profumi al naso diventino più evoluti, sconcertati dal fatto che quelle rosa fresca, segnata sul taccuino di degustazione, in pochi anni sia diventato un pot-pourri di fiori secchi, o che quel tannino ruvido sulla lingua, sia oggi una carezza avvolgente.
Giocare con l’invecchiamento del vino è tuttavia rischioso, perché quelle bottiglie che abbiamo scelto con cura e atteso con trasporto emotivo, potrebbero rovinarsi irrimediabilmente se non conservate correttamente. Facile, tra l’altro, che tale deterioramento non sia immediatamente riconoscibile dai nostri sensi: un vino può invecchiare male ma non diventare necessariamente cattivo, solo non lo stiamo gustando al massimo delle sue potenzialità.
L’ambiente nel quale viene riposto il vino può fare la differenza, anche per questo occorre capire con onestà intellettuale se la cantina di casa soddisfi certe caratteristiche. La temperatura è tra i fattori fondamentali per la corretta conservazione del vino. L’evoluzione di una bottiglia è alterata, nel suo naturale processo ossidativo, da temperature inferiori ai 10 gradi centigradi e superiori a 16°: ecco dunque definito il range di temperatura di una cantina benfatta. Sono molto pericolose le rapide oscillazioni della temperatura stessa, le peggiori quelle nell’arco di 24 ore, perché è proprio lo sbalzo termico a rovinare il nostro pregiato nettare. Anche per questo sarebbe bene avere una cantina interrata di diversi metri, meglio se costruita con pareti di pietra, che mantengono la naturale coibentazione.
Altrettanto importante è l’umidità. In una cantina casalinga è difficilissimo avere l’esatto standard di umidità compreso tra il 60% e l’80%. Un’umidità più bassa di questa percentuale tende a seccare i tappi di sughero, una più alta può portare alla proliferazione delle muffe. Sono in commercio dei deumidificatori che possono aiutare a stabilizzare l’umidità, ma bisogna dire, onestamente, che mantenerla stabile in una cantina moderna, spesso non interrata, è davvero un’impresa titanica.
La cantina un tempo era il luogo in cui si riponevano i salami e le caciotte appese. Se siete di quelli che ancora lo fanno, non usatela per il vino, perché attraverso il sughero potrebbero penetrane odori sgradevoli. Anche le bottiglie più pregiate, tappate con un sughero monopezzo di altissima qualità, potrebbero risentirne pesantemente. Ragione di più che le caldaie o i bruciatori dovrebbero stare lontani anni luce dalle vostre pregiate bottiglie. A proposito di luce: anche l’illuminazione dev’essere scelta con cura, utilizzando possibilmente delle lampade schermate di bassa intensità. Sconsigliati i classici neon, che forniscono una luce troppo forte per il corretto invecchiamento di una bottiglia. La luminosità eccessiva danneggia il vino accelerandone l’ossidazione, anche per questo per molti bianchi, più suscettibili alla luce, i produttori si orientano su bottiglie scure. Le lampade inoltre producono calore, quindi meglio utilizzare delle luci al LED. Non ultimo le vibrazioni leggere e costanti possono portare a un rapido deterioramento del vino.
Anche la scaffalatura dev’essere pensata in maniera furba, alloggiando il maggior numero di bottiglie in orizzontale. La ragione è legata alla classica e tradizionale tappatura col sughero, mantenuto umido a contatto col vino per conservarne l’elasticità.
Tornando alla prima domanda mal posta, quanto dura un vino, c’è anche un fattore, in ultima battuta, che spesso viene sottovalutato, ed è proprio il tipo di tappo. È chiaro che un grande Brunello di Montalcino o un Barolo saranno quasi certamente chiusi con un pregiato tappo di sughero monopezzo, il cui prezzo può superare anche l’euro. Più il sughero è di buona qualità, più manterrà l’elasticità sulle pareti della bottiglia, evitando uno scambio troppo violento tra vino e ossigeno esterno. Esistono poi in commercio svariate quantità di tappi, tutti indicati per vini diversi, pensati anche per risolvere l’annosa questione della molecola TCA, responsabile dell’odore di tappo. Il tema più interessante emerso ormai anni fa, anche a seguito ad alcune ricerche fatte, è legato proprio alla tenuta del tappo. In particolare, una ricerca dell’Old Bridge Cellars Australian Wine Research Institute, durata 125 mesi, ha chiarito come la chiusura col tappo a vite Stelvin sia quella in grado di conservare meglio il vino a lungo termine.
Ne avevamo già parlato qui qualche tempo fa: dire a un italiano di utilizzare questo tappo per un grande vino da invecchiamento è un po’ come insultare la mamma. Senza prendere posizioni, però, c’è un dato di fatto, cioè che all’estero questa chiusura è molto apprezzata, anche per vini importanti, come i grandi Riesling o gli Chablis del Domaine Laroche. Ora che sapete tutto sulla conservazione del vino, il consiglio migliore che possiamo darvi è questo: dimenticatevi quello che avete appena letto, pensate a un menù importante, scendete in cantina, prendete tra le mani uno dei vostri amati vini e con cura e metodo (specie se la bottiglia ha qualche decennio), stappatela e godetevela!
E se avete paura di commettere degli errori nella stappatura di una preziosa bottiglia di 20 o 30 anni, vi spieghiamo la prossima volta come si fa.
– Redazione 09.02.2021