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Fisionomia di un classico: il taglio bordolese

Quando parliamo di classico il riferimento è spesso a uno stile tradizionale, appartenente al passato e sufficientemente solido da arrivare fino a noi. Un’altra sfumatura di significato porta l’attenzione sulla capacità dell’oggetto di affermarsi come modello e punto fermo di un percorso evolutivo. Louis Armstrong è un classico perché fissa un caposaldo nella storia del jazz, Humprey Bogart è uno dei volti che delinea una certa classicità cinematografica così come “I Promessi Sposi” rappresentano un riferimento classico quando si parla di letteratura italiana.

Nel mondo del vino il concetto di classico è ben rappresentato dal taglio bordolese, approccio originario della zona di Bordeaux che prevede l’assemblaggio di varietà differenti, primi fra tutti Cabernet Sauvignon e Merlot. La combinazione fra i due vitigni nasce per ragioni legate al contesto contadino. Cabernet e Merlot maturano in periodi diversi. Poter raccogliere e vinificare le uve in due momenti separati, per passare all’assemblaggio in una fase successiva, ha rappresentato storicamente un notevole vantaggio. Per fortuna la natura tiene sempre conto di tutto e il connubio tra i due vitigni è felice anche dal punto di vista organolettico. Il tannino vellutato del Merlot, insieme a un frutto polposo ed elegante, ben incontra la struttura sostenuta del Cabernet, le sue note verdi e un tannino più marcato. Accanto ai due vitigni principali il blend può accogliere altre varietà tra cui il Cabernet Franc, con le sue nuances vegetali e fumè, e il Petit Verdot, che regala note di frutta e spezie.

Proprio come i classici citati poco fa, anche il taglio bordolese definisce un punto di riferimento nel grande ventaglio degli approcci enologici. Una delle ragioni risiede nelle caratteristiche principali di questo stile, equilibrio e armonia, elementi fondanti dei vini di grande qualità. Interessante riflettere su quanto il discorso valga anche, e forse soprattutto, per i vini che si contrappongono all’eleganza vellutata dello storico approccio. Se è vero che oggi una certa tendenza chiede acidità sferzanti e durezze sovraesposte, la carica innovativa di queste scelte sta proprio nella distanza da una certa idea di classicità, che si conferma dunque come riferimento imprescindibile. Proprio in quanto classico il taglio bordolese, nel corso degli anni, è stato scelto anche in diverse zone d’Italia, tra cui spicca la Toscana. Parliamo di Chianti, Maremma ma soprattutto di Bolgheri, terra dei famosi Supertuscan. Altre regioni dove troviamo questo stile sono il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige.

Proprio in Trentino nasce un’icona assoluta che ha saputo affermarsi tra i vini simbolo della classicità non solo in Italia, ma in tutto il mondo, ricevendo i più importanti premi internazionali. Stiamo parlando di San Leonardo, vino simbolo dell’omonima tenuta di cui la famiglia Guerrieri Gonzaga è custode da oltre tre secoli. Il Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga nutre da sempre una grande passione per i vini di Bordeaux. Proprio nella proprietà di San Guido – dove nasce uno dei blend bordolesi più famosi al mondo, il Sassicaia – il Marchese condivise una parte del proprio percorso con Mario Incisa della Rocchetta, che lo introdusse all’universo del taglio bordolese. Oggi Carlo guida Tenuta San Leonardo insieme al Marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga, suo figlio, attualmente amministratore dell’azienda e in prima linea nella sua guida. La Tenuta San Leonardo si trova in Vallagarina, la parte sud del Trentino. La zona è lambita dall’Ora del Garda, vento caldo che soffia durante il giorno togliendo umidità tra le vigne e che scompare la notte favorendo quell’escursione termica così importante in vigna. Una valle piovosa, con precipitazioni al di sopra delle medie italiane, che risultano gestibili grazie alla capacità drenante dei terreni calcarei. Qui nasce il mitico San Leonardo, classico taglio bordolese che include un 60% di Cabernet Sauvignon, un 30% di Carmenere e un 10% di merlot. Niente acciaio inox ma solo cemento, con un passaggio in legno che varia dai 18 ai 26 mesi.

Vino aristocratico dalla finezza inarrivabile, nella versione 2015 esprime un’ampiezza di sentori che il passare degli anni saprà estendere a una ricchezza persino superiore. San Leonardo è un vino di grande longevità, capace di evolvere per oltre trent’anni in un percorso di arricchimento continuo. Il naso è un turbinio di sentori floreali, note balsamiche, piccoli frutti, avvolti da un’eleganza sontuosa difficile da cristallizzare in una parola. In bocca due direttrici fondamentali si ergono l’una di fronte l’altra nel dibattito che fonda la grandezza di questo vino: la forza di un tannino nel pieno del suo vigore e il velluto dei migliori taglio bordolese. Le sensazioni si susseguono una dopo l’altra passando dal cardamomo al pepe nero, dal tabacco al sandalo, lasciando intravedere come saranno domani, trasfigurate da straordinarie terziarizzazioni. Che bello oggi poter scoprire nuovi stili ed esplorare approcci inediti con la consapevolezza che, ogni volta che lo desideriamo, possiamo tornare a rifugiarci tra i picchi espressivi delle nostre più solide certezze. Diventate negli anni parte integrante della classicità enologica, e anche un po’ parte di noi.

di Graziano Nani 15.09.2020

Quindici anni in comunicazione, oggi Graziano Nani è Direttore Creativo di Doing. Sommelier Ais, scrive per Intravino e Vertigo Magazine, parte del network Passione Gourmet. Su Instagram è #HellOfaWine, dedicato alle eccellenze enologiche. Il suo wine blog è gutin.it, mescola storie e illustrazioni. Ama anche la cucina: racconta chef e vini del cuore con degustazioni a tema.